Descrizione
La Galerie J. Kugel presenta la prima mostra dedicata all’arte del “piqué”, che fiorì a Napoli durante la prima metà del XVIII secolo. La tecnica combina fantasiosa inventiva, abilità virtuosistica e opulenza sorprendente.
Questi straordinari oggetti riuniscono tre materiali preziosi: tartaruga, oro e madreperla. Secondo Nicolas Kugel: “Questa affascinante combinazione è sublimata dalla luce, che fa brillare l’oro, rivela l’iridescenza della madreperla e penetra persino nell’oscurità diafana del guscio di tartaruga.”
La mostra comprende oltre 50 oggetti, evidenziando un tavolo di Sarao – l’ultimo capolavoro realizzato con questa tecnica – qui prestato, per la prima volta, dal Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo.
Questi pezzi furono creati tra il 1720 e il 1760 per gli intenditori e la corte, e in particolare per Carlo di Borbone, che divenne re di Napoli nel 1734, e fece della sua corte una delle più splendide e cosmopolite di tutta l’Europa.
Gli artigiani che hanno creato questi capolavori erano conosciuti come “Tartarugari”. Giuseppe Sarao, il più famoso tra loro, aveva un laboratorio adiacente alle mura del palazzo reale.
Questi artisti di talento erano in grado non solo di unire e modellare il guscio di tartaruga usando acqua bollente e olio d’oliva, ma hanno anche intarsiato oro e madreperla nel guscio di tartaruga ancora morbido. Hanno creato le forme più stravaganti, che hanno adornato con decori alla moda “piqué” come le cantine (scene in cui le scimmie si dedicano ad attività umane), cineserie e grottesche.
Alexis Kugel spiega: “La mostra consentirà ai visitatori di scoprire sia l’incredibile inventiva degli artisti sia l’interesse straordinariamente appassionato che questa arte ha suscitato tra i collezionisti del XIX secolo, compresi diversi membri della famiglia Rothschild. Verranno presentati molti pezzi che vantano quella prestigiosa provenienza. ”
La mostra è accompagnata da un catalogo illustrato, che offre il primo studio completo sull’argomento. La versione francese sarà pubblicata da Monelle Hayot e dalla versione inglese di Rizzoli.
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