Descrizione
Un rinnovato interesse nei confronti del Seicento fiorentino marca da due decenni gli studi storico-artistici, ma la figura di Francesco Furini (1603-1646), protagonista assoluto della pittura della prima metà di quel secolo, non era ancora stata affrontata nella sua interezza. Mancava uno studio che ricostruisse la vicenda umana e intellettuale di questo complesso e contraddittorio personaggio, ne analizzasse la formazione e la produzione poetica, ne definisse il corpus e la committenza.
Introdotto da Cefalo e Aurora, capolavoro giovanile oggi a Ponce (Portorico), e dall’Autoritratto degli Uffizi, il percorso della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, Museo degli Argenti, 22 dicembre 2007-27 aprile 2008) comprende un gruppo nutrito ma rigorosamente selezionato di opere, accompagnate da prove grafiche che testimoniano lo straordinario livello raggiunto da Furini nella pratica del disegno, centrale nella tradizione fiorentina, e il suo ossessivo studio del naturale.
Alle seducenti raffigurazioni di soggetto profano seguono i dipinti sacri, in cui il prete-pittore – prese i voti nel 1633, per poi essere ordinato priore della pieve di Sant’Ansano in Mugello – conferma l’attitudine sensuale e malinconica che impronta il suo personalissimo classicismo, e i grandi quadri da sala di tema biblico e mitologico: Ila e le ninfe della Palatina, il Parto di Rachele di Schleissheim, le Tre Grazie e l’Andromeda dell’Hermitage, il Lot e le figlie del Prado.
Passando per la celebre sala in cui fra il 1639 e il 1642 Furini affrescò l’Accademia platonica e l’Allegoria della morte del Magnifico, si giunge alle opere della maturità, dove lo stile si fa più mosso e dinamico, per finire con la coppia di dipinti cui l’artista stava lavorando quando, precoce e improvvisa, sopravvenne la sua morte: la Cacciata dei progenitori e Lot e le figlie, oggi di proprietà della Cassa di Risparmio di Firenze, due fra i frutti di una committenza fondamentale per Furini, quella del duca Jacopo Salviati.
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