Descrizione
Si potrebbero cercare altre citazioni, più o meno evidenti, come quella, ma forse di natura quasi parodistica, del gesto di Assalonne che indica ai sicari il fratello su cui vendicare l’oltraggio inflitto alla sorella Tamar, anch’esso forse non dimentico del Cristo caravaggesco nella Vocazione di san Matteo Contarelli. Ma l’eredità di Caravaggio sembra andare al di là dei singoli prestiti figurativi. Essa sta dietro al modo in cui Traversi elimina il confine tra scena di genere e rappresentazione sacra, fra tradizione “ridicola” e pittura “d’historia”, giungendo alla moderna messa in scena di questa epica della realtà che non si serve di alcun riferimento ambientale: una pittura che non vuole ancora “uscir fuori dalle cantine”, per citare le recriminazioni del Bellori al Merisi, e che ricrea il vero nel set dell’atelier, un procedimento dalla natura artificiosa che nei caravaggeschi, e specialmente in Cecco, se si pensa alla Resurrezione Guicciardini ora a Chicago, sarà portata alle sue estreme conseguenze. A ragion veduta, Longhi legge le Storie traversiane di San Paolo come un appendice al primo Seicento napoletano. Abbozzando anche ad un tentativo di tracciare una cronologia interna alle tele del ciclo, lo studioso piemontese intravede nell'”Epulone e Lazzaro”, descritto nei termini del “convito di un attempato riccaccione con due mondane “, “il punto di partenza dal Bonito”.
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