Descrizione
“…co’ suoi belli ritratti fa tuttavia equivocare anco l’intendenti col giudicarli del Vandych”: così Carlo Giuseppe Ratti delineò, nell’ambito delle Vite dedicate agli artisti genovesi (1769), la caratteristica più lampante della produzione di Giovanni Bernardo Carbone (1616-1683), particolarmente apprezzata fin dai contemporanei.
Negli anni trenta del Seicento, quando Carbone si formò presso la bottega di Giovanni Andrea De Ferrari, la cultura figurativa genovese era percorsa da straordinarie suggestioni derivanti da apporti esterni e da contaminazioni esaltanti. Il filone fiammingo, promosso da celebri presenze (Rubens prima, Van Dyck dopo) e alimentato da una stabile colonia di pittori, era in grado di offrire agli artisti genovesi modalità espressive radicate nel più lussuoso metodo naturalista e alla committenza adeguate forniture di immagini per sottolineare lo status di appartenenza. Il ritratto ebbe dunque una vasta fioritura e Carbone, con una fortuna maggiore rispetto a quella riscossa dagli stessi fiamminghi operanti in città, divenne tra i più apprezzati ritrattisti: non passò inosservata la capacità di adeguare la tipologia vandyckiana alla contemporaneità delle fogge sartoriali, agli spazi di rappresentanza e all’evocazione delle pose assunte dalla precedente generazione di aristocratici ritratti dal giovane anversano. L’alta qualità delle scelte linguistiche e delle strategie formali – basate su una sintesi impeccabile di proposte dedotte dai maestri, reali o putativi – facilitarono l’acquisizione di un ruolo di riferimento, per il ritratto (ma anche per la produzione da ‘stanza’ e da altare), durante una lunga attività affrontata con esiti di intelligente, se non scaltro, adeguamento al fare di Giovanni Andrea De Ferrari e di Domenico Fiasella, ai modi di Van Dyck e di Jan Roos, allo stile di Valerio Castello e di Domenico Piola. Ne derivò una sorta di naturalismo purista e classicheggiante in bilico tra rigore e libertà. Ne sortì una fortuna costante che, anche grazie alla fama di ‘vandyckiano’ di altissimo livello, pervenne intatta nelle mani della critica di primo Novecento.
Il volume aggiorna, con il supporto dello scavo archivistico, il profilo del pittore e affronta un catalogo suddiviso in pale d’altare, dipinti, ritratti, attribuzioni incerte, dipinti non rintracciati, dipinti estranei, disegni e disegni discussi.
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