Descrizione
La Napoli di primo 600 è ormai a tutti nota per ciò che riguarda la pittura, l’architettura o la scultura in marmo e in bronzo da Caravaggio, Ribera e Stanzione sino a Fanzago, Lanfranco e Giordano ma non lo è per nulla per quanto riguarda una produzione, quella delle sculture in legno intagliato, dipinto e dorato, che pure dové avere un’importanza notevole nel panorama artistico locale, ma sul cui apprezzamento ha forse pesato il legame più forte ed esplicito con le esigenze della Chiesa della Controriforma, lo stato di conservazione stesso dei manufatti, spesso resi illeggibili da strati di restauri di tipo devozionale, e l’identificazione distorta della scultura in legno come una forma di artigianato popolare. Eppure agli inizi del 600 questa produzione doveva aver raggiunto livelli di qualità, inventiva e perizia tecnica tali da essere apprezzata ed esportata non solo in tutto il Viceregno, ma in molte regioni dItalia e sino in Spagna e nelle Indie; ed anche sotto il profilo dei costi uno dei suoi prodotti di maggior successo come un Angelo custode poteva allora costare quanto una buona pala daltare. Il lavoro che qui si presenta ha l’obiettivo di rivalutare e riordinare su basi scientifiche e documentarie questo panorama e l’ambizione di ricostruire (a valle di ventanni di studio negli archivi e sul territorio) le diverse botteghe d’intagliatori operosi in città e specie quella del maggiore fra essi, Aniello Stellato, ritessendo così le fila d’una storia sin qui ritenuta minore, dall’organizzazione corporativa delle botteghe sino al mercato della devozione, alla fortuna delle nuove iconografie e al protagonismo degli Ordini.
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